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Harvey Esajas, Martin e una carrozzina

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(racconto pubblicato nel libro “Campioni Oltre”, edito da Neos Edizioni tra la fine del 2021 e l’inizio del
2022)

di Enrico Fonte

Il profumo di corn flakes e pane tostato ha già invaso tutta casa. Del resto, la villetta in cui Martin e la mamma Sara vivono da quando il papà Peter li ha abbandonati non è molto grande. Ma per loro due e la cagnolina Minnie, una meticcia che ha l’aria di una tipetta piuttosto simpatica, è sufficiente. Sara, di professione portalettere, non avrebbe tempo per occuparsi di un’abitazione più spaziosa. Lavora pure il sabato, dalle 4 alle 10 del mattino: quando “stacca”, si precipita a casa, mangia un boccone e via con Martin al campo da calcio per la partita di mezzogiorno che ha per protagonisti i “giovanissimi” del quartiere. Nella periferia Nord di Amsterdam, ogni particolare sa di Olanda: lunghi viali alberati, prati verdissimi e mille strade che si incrociano, con una via vai di ciclisti che sembra di essere nel bel mezzo di una classica del Nord. E, poi, qualche goccia d’acqua la fa ogni giorno. Tutti conoscono tutti e la partita del sabato, anche se in campo ci sono “solo” i ragazzini, è un rito che riunisce l’intera comunità. «Io frequento il campo da oltre mezzo secolo, è praticamente casa mia», dice Hans, il custode, parlando con un passante, che lo osserva mentre apre la cancellata d’ingresso, in attesa della partita, «Ho visto crescere tre generazioni di olandesi e qui ha pure giocato una partita colui che sarebbe diventato il più forte centravanti della storia: Marco van Basten. Si vedeva lontano un miglio che era di un altro pianeta». Martin, invece, è atteso dalla colazione. «Vieni a tavola. Il latte è caldo e ti ho pure portato la marmellata di mirtilli che ti piace tanto». È Clara, la nonna, che parla. È in casa da qualche ora, da quando Sara è uscita per il lavoro. Martin non risponde. Clara inizia a spazientirsi e ci riprova, questa volta alzando la voce, ma ancora niente. Allora si dirige verso la camera di Martin. La porta è spalancata. Entra: a fianco del bandierone dell’Ajax c’è una maglietta incorniciata. È del Feyenoord e ha il numero 8: l’ha indossata Harvey Esajas il giorno del suo esordio nella Serie A olandese. Un autentico cimelio visto che Esajas, quel giorno, riuscì pure a segnare, peraltro non contro una squadra qualsiasi, visto che l’avversario di turno era la temutissima Ajax, in cui peraltro Harvey era cresciuto, calcisticamente parlando. Più in là, sul tavolino, c’è anche una foto incorniciata: si vede Martin abbracciato proprio ad Esajas. Insomma, nella stanza di Martin, è tutto al suo posto. Manca solo lui. «Guarda che la colazione si raffredda e poi fa in fretta ad arrivare l’ora della partita», tuona, minacciosa, nonna Clara. “Sbam!”. Dalla porta-finestra che conduce in giardino si sente il rumore di un fragoroso tonfo. «Martin!!! Cos’hai combinato? Che è successo?», grida Clara. Quando arriva in giardino trova Martin capovolto nell’erba e, un po’ più distante, la carrozzina che pressoché da quando è nato, ossia quindici anni prima, gli permette di muoversi (non senza difficoltà) nel suo mondo, cosa che altrimenti gli sarebbe impossibile. «Santo cielo, Martin, mi vuoi proprio far morire di crepacuore… Quante volte ti ho detto di non giocare con quel pallone», esclama Clara indicando la palla che ha fatto ribaltare la carrozzina, dopo aver aiutato il nipote a rialzarsi da terra. «Nonna, almeno qui lasciami giocare…», sbuffa Martin, seccato, con le lacrime agli occhi. Il giardino della nuova casa, così come lo era stato quello della precedente, è il suo campo d’allenamento ma anche il suo stadio. Su quel prato verde, in perfetta (per modo di dire…) solitudine, ha segnato gol ai più grandi portieri del pianeta, dribblato gli avversari più ostici, servito assist deliziosi. È stato pure un giocatore del Milan. Anche se solo per una manciata di minuti, proprio come il suo idolo, Esajas. È tutto un sogno. Un sogno, quello milanista, che ritorna spesso nei pensieri di Martin, il quale vede in Esajas una sorta di punto di riferimento. Dopo la rottura del tendine d’Achille, che di fatto gli sbarrò definitivamente le porte del calcio ad alti livelli, Harvey si era perso sia come calciatore che come uomo. Arrivato a pesate oltre 100 chili, per campare lavorava in una discoteca e in un ristorante. A un certo punto, nel 2004, era arrivata l’inaspettata chiamata dell’amico Seedorf, conosciuto ai tempi delle giovanili dell’Ajax, e l’invito ad allenarsi con il Milan. Un’opportunità che Esajas aveva inteso come una sfida, soprattutto con sé stesso. E l’aveva vinta. Dopo mesi di allenamenti micidiali e una dieta ferrea era riuscito a conquistarsi un posto in squadra e, addirittura, la possibilità di giocare una manciata di minuti in una partita di Coppa Italia. Una favola a lieto fine che, agli occhi di Martin, ha un solo significato: lo sport può rendere possibile l’impossibile. Una consapevolezza accresciuta dopo che il ragazzino di Amsterdam ha incontrato Esajas a margine di una sfida delle vecchie glorie dell’Ajax. È in quell’occasione che è stata scattata la foto oggi sulla scrivania di Martin; è in quell’occasione che Martin ha confessato al suo idolo un sogno: «Un giorno vorrei poter giocare anche io una vera partita di calcio insieme ai miei compagni per cui faccio il tifo ogni sabato. Ci deve pur essere un modo…». Sì, perché Martin, per colpa della carrozzina, un vero campo da calcio non l’ha mai potuto calcare. Si è sempre dovuto fermare a bordocampo. È quello che fa ogni sabato: arriva al campo, chiacchiera con Hans e poi va negli spogliatoi a salutare i compagni. Prima del calcio d’inizio, si posiziona a fianco del coach e inizia a incitare la squadra. Quante volte si è trattenuto dal fare invasione di campo… Dopo il gol decisivo segnato dalla sua squadra contro gli storici rivali del quartiere confinante non si è frenato ed è corso con la carrozzina in mezzo al rettangolo di gioco per festeggiare l’eroe di giornata. Oggi, però, si preannuncia un sabato ordinario. Passato lo spavento per il capitombolo in giardino, Martin torna in cucina: la dolce colazione della nonna lo rincuora e la mattinata vola via in un baleno. Torna Sara ed è tempo di trasferirsi al campo. Hans accoglie Martin con un sorriso che ha qualcosa di speciale. «Ciao campione», esordisce Hans, «Oggi si vince?». Martin ha messo via la rabbia del mattino e risponde: «Se giocassimo io e te di sicuro…». «Io è meglio che mi occupi di sistemare gli spogliatoi, tu, piuttosto, pensa a vestirti… Oggi è una giornata speciale», ribatte Hans. Martin sorride, senza dar peso a quelle parole. Negli spogliatoi, però, c’è effettivamente qualcosa di diverso dal solito. Hans, all’estremità delle panchine che i ragazzini usano per spogliarsi e indossare la divisa da gioco, ha creato uno spazio tutto per Martin. C’è anche un cartello con il suo nome e sulla sedia lì vicino c’è una maglietta: ha il numero 8. È proprio per lui. «Che fai, Martin, non la metti? Te l’ho detto che oggi è un giorno speciale…», afferma il custode. Martin ha capito cosa sta succedendo: farà, come sempre, la mascotte, ma questa volta potrà vestire la maglietta della squadra. Pensa, tra sé e sé, di essersela meritata con tutto quel supporto dato al team e, quindi, la indossa. Nel frattempo, arrivano i compagni. Poi è la volta dell’allenatore, che però non è solo. È seguito da un accompagnatore misterioso. Ha il cappuccio tirato fin sugli occhi. Appena entrato nello spogliatoio lo alza e svela la propria identità: è Harvey Esajas. Martin scatta con la sua carrozzina. È una sorpresa incredibile. L’emozione è troppo grande e il ragazzo scoppia in un pianto infinito tra le braccia di Harvey. Prende la parola l’allenatore: «Oggi, a seguirci da bordocampo, insieme a Martin, ci sarà un altro nostro tifoso speciale: il grande Harvey Esajas, ex giocatore di Ajax, Feyenoord e Milan». In quell’istante qualcuno bussa alla porta. È l’arbitro. È già il momento della lettura della distinta. Sbrigata la formalità, si va in campo. Martin, ancora incredulo per quella sorpresa, con indosso la maglia numero 8 della squadra, si dirige insieme al suo idolo sul lato lungo del campo, a fianco della panchina. Lì ferma la carrozzina e inizia a commentare la partita con Harvey. È una giornata speciale su tutti i fronti, perché la squadra di Martin dopo un’ora di gioco è già in vantaggio per 4 a 0. Si aspetta solo il fischio finale per festeggiare insieme a Martin e Harvey. Ma a 3 minuti dalla fine, con la palla fuori in fallo laterale, l’allenatore si volta verso Harvey e gli dice: «È il momento». Harvey gli risponde con l’occhiolino e chiama l’arbitro per chiedere un cambio. Poi si rivolge a Martin: «Ragazzo, questo è il tuo momento!». Esajas si sposta verso la panchina, recupera una speciale protezione che aveva nascosto prima di entrare negli spogliatoi e la monta sulla carrozzina di Martin. «Abbiamo ottenuto un permesso speciale dalla federazione e oggi potrai, in via eccezionale, giocare anche tu. E preparati, perché è solo l’inizio; il prossimo anno giocherai un intero campionato», gli spiega l’ex professionista prima di mandarlo in campo. Sulle tribune si alzano tutti in piedi, anche i genitori dei bambini avversari, scatta un applauso che regala un calore incredibile. Sara salta di gioia insieme a Minnie. Hans continua a fissare Martin, senza badare alle lacrime che gli stanno scendendo sul volto. Quei 3 minuti con Martin in campo sono già nella storia, oltre che nel cuore del ragazzino. E anche Harvey è nella storia, perché ha mantenuto la promessa: attraverso la I-Sport Special, la fondazione d’inclusione sociale da lui fondata insieme alla moglie Diana, ha dato vita a una squadra di calcio in carrozzina che partecipa ai campionati locali. E indovinate chi è il capitano? Martin! Un gesto speciale per campioni, come Martin appunto, estremamente speciali.